Epicondilite, sintomi e cure

L’epicondilite è una condizione dolorosa del gomito che colpisce soprattutto la popolazione con un’età compresa dai 35 ai 50 anni con particolare prevalenza nel sesso femminile.
Cos’è l’epicondilite
La patologia definita anche come gomito del tennista è provocata da un’infiammazione dei tendini, che si inseriscono nell’epicondilo(sporgenza ossea nella parte distale laterale dell’omero). Il tendine più frequentemente vittima di questo insulto di natura infiammatoria e degenerativa è l’estensore radiale breve del carpo, e secondariamente il tendine estensore comune delle dita.
Spesso l’epicondilite si presenta con un’insorgenza molto lenta e graduale, tanto da far sottovalutare la condizione al paziente fino a quando si ritrova ad avere difficoltà a tenere la sua ventiquattrore, a girare la chiave per aprire la porta di casa o a tenere in braccio il proprio bambino.
Sintomi dell’epicondilite
Il sintomo principale dell’epicondilite è il dolore al gomito, in alcuni casi l’epicondilite può comportare un po’ di rossore e gonfiore nella parte sintomatica, e talvolta la zona infiammata risulta essere calda.
Il dolore dell’epicondilite in fase iniziale è un sintomo ben localizzato lateralmente in prossimità dell’epicondilo (ossia in sede inserzionale) che si avverte durante uno sforzo del gomito o subito dopo di esso. L’area di sintomatica riferita dai pazienti, all’inizio della patologia, è di circa un centimetro quadro (la grandezza di un polpastrello). I movimenti che evocano maggior dolore sono quelli in cui avviene la contrazione degli epicondiloidei, e quindi:
- Estensione del polso;
- Estensione delle dita;
- Flessione del gomito;
- Pronazione dell’avambraccio;
- Stringendo la mano.
Cause e fattori di rischio
L’epicondilite laterale del gomito colpisce circa dall’1% al 3% della popolazione generale, soprattutto individui che fumano, i lavoratori manuali, e i tennisti. C’è una significativa associazione tra l’incidenza di epicondilite e lo stress biomeccanico dovuto ai movimenti ripetuti a carico del gomito e anche del polso.
Oltre alla forma idiopatica si riconoscono diversi fattori di rischio:
- l’età superiore ai 30 anni;
- Il sesso femminile;
- l’eccessivo sforzo dei muscoli epicondiloidei;
Per l’elevata frequenza con cui si presenta negli sport che prevedono l’utilizzo della racchetta, l’epicondilite è chiamata anche “gomito del tennista“, perché è molto frequente in coloro che praticano lo sport da racchetta come tennis e padel.
Diagnosi
La consultazione medica inizia con una serie di domande riguardanti i sintomi e le attività manuali che normalmente si svolgono.
Per confermare la diagnosi, il medico chiede al paziente di eseguire determinati movimenti (flettere e allungare il polso, le dita e ruotare l’avambraccio) mantenendo il gomito dritto. Il medico eserciterà resistenza, è quindi necessario che il paziente faccia forza per eseguire correttamente il movimento richiesto. Il dolore durante questi movimenti indica la presenza di epicondilite. Non sono necessari ulteriori esami. In alcuni casi speciali può essere richiesta un’ecografia del gomito
Terapie e cure per l’epicondilite
Prima di effettuare qualsiasi terapia, occorre che il fisioterapista valuti attentamente la persona che si rivolge a lui, in modo da poter progettare il percorso riabilitativo che in minor tempo possa dare il maggiore beneficio al paziente.
Nel caso dell’epicondilite si utilizza un approccio integrato tra:
- Tecniche di terapia manuale e osteopatia: che possano andare a recuperare le restrizioni di movimento presenti nelle tre articolazioni funzionali, di queste quella che spesso necessità di tecniche di trazione e decompressione è l’articolazione omero-ulnare.
- Tecniche di mobilizzazione fasciale: come ad esempio il massaggio funzionale utilizzato nelle scuole di Terapia Manuale, o il massaggio trasverso secondo Cyriax, in modo da poter riequilibrare le tensioni fasciali presenti.
- Esercizio terapeutico.
Mezzi fisici antalgici e antinfiammatori come:
- Laserterapia ad alta potenza. Si tratta di particolari raggi luminosi che riescono a dare un importante stimolo biologico anche nei tessuti più profondi;
- tecarterapia in modalità impulsata con massaggio sfiorante. Non si sviluppa molto calore, per evitare di stimolare eccessivamente i tessuti e acutizzare i sintomi.
- Neuromodulatore che utilizza degli stimoli cutanei elettrici per ridurre il dolore. Normalmente si applica un ciclo della durata di 10 minuti al termine di ogni seduta.
- onde d’urto
- elettroterapie
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